In questo articolo concentreremo la nostra attenzione sui parametri che vengono forniti da alcuni GPS tra i quali i più interessanti a livello di tecnica di corsa sono la cadenza, i tempi di contatto del piede e terra e l’oscillazione verticale.
Prima di analizzarli nello specifico è utile fare una premessa, una caratteristica fondamentale da valutare e migliorare nella corsa di lunga durata è l’economia del gesto sportivo (running economy, RE). Questo parametro indica la nostra efficienza durante la corsa, meno energia spediamo e più forte possiamo correre (a parità di potenza aerobica).
L’economia di corsa (RE) è in gran parte predeterminata e dipende dalla nostra struttura fisica (forma e lunghezza dei tendini e dei muscoli, indice di massa corporea) e da alcune caratteristiche delle fibre muscolari; anche gli anni di allenamento, i km percorsi e alcune caratteristiche legate al training (percorsi ondulati, ripetute, allenamento in quota) possono in parte incidere su questo fattore. I parametri indicati sono però innati o ottenibili in genere solo durante anni o decenni di allenamento (escluso l’effetto dell’ipossia/quota), bisogna chiedersi se possiamo agire su altri parametri più immediati che possano influenzare l’economia di corsa e migliorare la nostra performance.
Per questo compito tornano utili i valori visti in precedenza (cadenza, tempi di contatto e oscillazione verticale), questi dati ci permettono di creare dei piccoli accorgimenti che possono migliorare la nostra tecnica di corsa e quindi anche l’economia del gesto atletico.
Cadenza.
La cadenza rappresenta il numero di appoggi che i nostri piedi effettuano quando entrano in contatto con il terreno in un minuto. Questo parametro è influenzato dalle nostre caratteristiche antropometriche (statura, lunghezza deli arti inferiori) e in genere si attesta tra i 160 e i 200 appoggi al minuto. Chi tra di noi corre con una cadenza di 160 app/min o meno tende ad avere una falcata troppo ampia in funzione della velocità di corsa, chi si attesta vicino ai 200 o superiore una falcata corta e una frequenza degli appoggi molto elevata. In genere un buon equilibrio si ottiene tra i 175 e i 190 app/min (anche se l’individualità gioca un ruolo importante) e deve essere presente un incremento della cadenza all’aumentare della velocità di corsa. Una cadenza bassa porta ad un maggior carico sulle articolazioni al momento dell’impatto a terra del piede, inoltre si ha un maggior utilizzo del tallone rispetto al mesopiede nella prima fase dell’appoggio; una cadenza troppo elevata può invece portare ad un dispendio energetico eccessivo.
Oscillazione verticale.
L’oscillazione verticale indica lo spostamento in cm sull’asse verticale del nostro baricentro dal punto più basso (stance phace/il momento del massimo piegamento del ginocchio con il piede a contatto con il terreno) al punto più alto (swing phase/durante la fase di volo) durante il ciclo della corsa.
Valori di 6/8 cm vengono considerati bassi mentre valori superiori a 11/12 cm alti. Anche in questo caso la statura influenza questo parametro anche se in generale un abbassamento permette di avere una minor escursione articolare al ginocchio durante la stance phase (piede a contatto con il terreno) portando cosi ad una minor spesa energetica e un risparmio di energie muscolari.
Conclusioni.
I parametri analizzati in questo articolo possono essere utili per controllare alcune dinamiche di corsa e migliorare la resa economica.
I cambiamenti che possono essere funzionali ad un miglioramento del gesto atletico sono:
- aumentare la cadenza degli appoggi;
- ridurre i tempi di contatto del piede a terra;
- ridurre l’oscillazione verticale.
Per ottenere questi adattamenti pensate di correre su una superficie che scotta a piedi scalzi, durante la stance phase cercate di rimuovere il piede velocemente da terra, durante la swing phase (fase di volo) non alzate troppo il ginocchio ed evitare la flessione dorsale del piede (piede a martello), tenete il dorso del piede rilassato, questa condizione vi faciliterà nella ricerca di un appoggio corretto di mesopiede evitando un’azione marcata del tallone.
Infine al momento del contatto del piede a terra (stance phase) il ginocchio deve essere leggermente piegato per evitare sovraccarichi articolari e un appoggio eccessivo del tallone, evitare però ad appoggio avvenuto di piegare troppo il ginocchio, se affondate il movimento in modo eccessivo non sfrutterete a pieno la stiffness muscolo-tendinea e il recupero di energia elastica.
Prima di attuare le modifiche tecniche elencate ricordatevi che ognuno di noi ha un proprio stile innato e ricerca già in modo autonomo il gesto più economico, stravolgere in modo eccessivo il proprio stile può essere deleterio per la prestazione, adottate delle modifiche lievi e progressive (se necessarie).
Anche la scarpa può influenzare le dinamiche dell’appoggio, calzature con un drop elevato tenderanno a spostare il primo punto di appoggio del piede a terra verso il tallone mentre scarpe leggere e con drop ridotto verso il mesopiede. Come indicato in precedenza però anche sul versante scarpe non stravolgete le vostre abitudini e fate cambiamenti piccoli e progressivi (sia sul drop che sul peso della scarpa) valutando volta per volta cosa vi porta beneficio e quali cambiamenti invece generano problematiche o infortuni muscolo-tendinei.
Le indicazioni fornite vanno adattate e bilanciate in base al proprio livello atletico, all’equilibrio muscolare individuale e all’abitudine a svolgere questa tipologia di allenamento, esercizi o allenamenti errati in salita possono portare a stress eccessivi con successivo deterioramento della performance, tale condizione può aumentare anche l’incidenza di infortuni muscolari e tendinei e/o portare all’over training.
In conclusione l’allenamento in salita può essere utile a molte tipologie di podisti per migliorare la performance, l’importante è adeguare queste metodiche a tutti i fattori elencati nell’articolo ed evitare il più possibile gli infortuni che ne possono derivare.